- mar dic 12, 2017 8:35 pm
#354932
Rivedendole al PC cambio leggermente la mia classifica, anche perché, è cosa nota, le foto romantiche annoiano per cui paperina spostati e scala dietro: IPERBOLISMO MODE ON
1. Remembering Verne: il giudizio su questa foto verte tutto attorno al tizio piazzato sulla sinistra. Che cosa ci vuole raccontare il fotografo? La sua presenza è in distopica contrapposizione all'utopia di autopia? Rappresenta la pienezza di Space Mountain, le linee pulite della fantasia di Verne perfettamente illuminate, al punto da riflettere la gloria nel pavimento in contrapposizione alla pochezza di autopia, dannata fagocitatrice di spazio e di tempo? Oppure è solo un photobomber che mannaggia la pupazza levati che c'ho i riflessi epici per terra? Cosa sarà passato per la testa di quel poveraccio, avrà contemplato la compiutezza di un'attrazione che pure nata vecchia nel 92 fa da simbolo per l'intera aerea? Avrà capito di essersi trovato nel bel mezzo dell'eterna lotta fra la luce di Space Mountain e la bruttura di Autopia? Ecco, la fotografia non è l'arte che da risposte, ma quella che genera domande.
2. True love che ha scalato perchè si sa l'amore è disturbante, e in questa foto il fotografo, forse non lo sa, ha riversato tutto il suo disturbato amore per la maggggia disney. La maggia è ovunque in questa foto, il castello simbolo principesco di tutto il mondo fiabesco e poi li, due papere che si amano, pur essendo zii dei paperini e nipoti di paperoni. Si amano pur sapendo che in un mondo di zii e di nipoti, sarebbe forse lecito farsi due domande prima di diventare genitori: che fine hanno fatto tutti?!? Ma come abbiamo detto prima nella fotografica non cerchiamo le risposte, ma le domande: e allora via cerchiamo nel titolo l'intento del fotografo, il vero amore, ecco qui c'è tutto un bouquet di domande che fioccano, l'amore di chi? Per cosa? Vero in che senso? La foto risponde e in maniera plastica alimenta altre domande e altre ancora? In ultimo mi chiedo io, ma i fiori sfuocati sono una metafora del disturbo che agita il fotografo o è solo un iso impossibile senza trepiedi?

Love
3. Radici, beh qui la dicotomia delle forme è abbagliante, si percepisce una polarizzazione magnetica tra le linee rette, slanciate e precise del castello e il groviglio contorto delle radici in primo piano. Qui il fotografo ci prende per mano e ci conduce nel cuore delle fiabe, dove il bene e il male pulsano asincroni ricordandoci che dipendono l'uno dal altro. Il castello rappresenta il lato buono delle favole, è rassicurante e razionale nelle forme, le radici rappresentano la malvagità, melliflua e seducente nei colori. Anche la costruzione della foto è chiaramente architettata con cognizione di causa infatti in ogni storia, è la malvagità che si presenta per prima, che sblocca lo status quo, finché l'eroe buono si erge sopra di lei, soverchiandola e riportando il mondo verso un nuovo equilibrio. Cos'è il male senza il bene? E' il male stesso la radice su cui si fonda il bene? Domande.
4. Welcome to thunder mesa, un cartello con il fondale sfuocato. Voi direte: e sti cazzi!
NO! Qui il fotografo gioca in maniera egregia dandoci il benvenuto in una ambientazione solo accennata e sfuocata. Welcome dove? Non si vede una mazza. E' spiazzante. Qui il fotografo ci chiede un atto di fede, sappiamo che è disney, è una garanzia, eppure ci inquieta, ma ci attira. Ci fa sorgere il dubbio, la domanda! Il contrario comunque sarebbe stato peggio, fondale a fuoco e scenografie perfette, ma cartello sfuocato. Mmmmmhhh Tutto molto bello a prima vista, ma metti poi c'era scritto Welcome to DucatiLand...
5. The Robots è una foto che non mi aveva per nulla colpito al primo turno, ma, mea culpa, solo perchè non l'avevo capita!
Ho rimuginato parecchio su quegli occhi e mi sono accorto di averli già visti da qualche parte. Occhi solo teoricamente meccanici eppure tanto tristi, malinconici, stanchi. Di colpo il progetto, il racconto del fotografo mi è stato chiaro: quegli occhi, quante volte li ho incrociati su e giù per le queue-line, soprattutto superati i 180 minuti di coda... Quei robots siamo noi, tutti noi, prostrati da interminabili ore di coda, quando ci si ritrova ad incrociare sempre gli stessi volti ed in ultimo si finisce per empatizzare con tutti scambiandoci le emozioni solo con lo sguardo: "Dai che ce l'abbiamo quasi fatta", "Tieni duro, manca poco", "Cazzo ma come ti vesti", "lavarsi ogni tanto no eh?" "merda l'altra fila va di più". Genio!
[edit: correggiuto l'itagliano]
Ultima modifica di Artea il mar dic 12, 2017 11:41 pm, modificato 5 volte in totale.
Everything happens for a reason and that reason is usually physics.