- mar gen 08, 2019 5:51 pm
#358727
Neno, non penso sarà possibile e cerco di spiegare perché.
Un'impresa è un'organizzazione complessa e ognuna ha le sue peculiarità.
Alcuni elementi sono quindi imprescindibili alla corretta gestione per aver successo (ma anche per rimanere in qualche modo "a galla").
Per esempio:
- know how: le competenze rappresentano gli elementi fondanti di un'impresa e si compongono principalmente di technicalities e di passione delle persone per quello che fanno.
In Italia chi ha passione non ha maturato ancora le abilità manageriali per fare la differenza, mentre chi ha le competenze è spesso privo di passione.
Si aggiunge poi che la cosa più complessa è che il know how non è frutto dell'equazione tempo*appremndimento, ma è espressione della sinergia dell'intero ambiente in cui l'impresa si trova, dalla maturità dell'indotto alle eterogenee necessità dei suoi stakeholders.
In aggiunta, in Italia, il mercato presenta caratteristiche duali: da un lato il settore è maturo ed è dominato da tempo da imprese con una certa "anzianità" che sfruttano la loro posizione dominante per macinare utili, dall'altro le competenze tecnico-specifiche sono acerbe e difficili da reperire sul territorio.
In questi anni infatti non sono mai avvenuti i naturali innesti e le dovute contaminazioni di settore che portano allo sviluppo di competenze trasversali con il risultato di un complessivo impoverimento della qualità generale di tutto ciò che ruota intorno al settore.
- Iniezione di capitale: un parco di divertimenti è capital intensive ed erode notevoli risorse finanziarie per almeno i primi 10 anni dalla sua nascita.
Le iniezioni di capitale, quindi, in una fase caratterizzata da alto potenziale di sviluppo, devono necessariamente essere garantite con una certa continuità.
L'obiettivo ultimo, infatti, è quello di raggiungere la massa critica affinché il parco (e l'investimento) possa andare avanti autonomamente (il caso di Energylandia aiuta a focalizzare il concetto).
Rainbow non ha la dovuta solidità finanziaria per autofinanziarsi, né per attirare capitali terzi. I capitali esteri sono infatti piuttosto cauti, soprattutto per anomalie endemiche (burocrazia, tensioni finanziarie, incertezza dei costi del finanziamento, competenze, giusto per elencarne qualcuna) e quelli nazionali non hanno ancora la dovuta esperienza e soffrono di una grande illiquidità.
Questi due elementi sono tra le basi imprescindibili per poter anche solo pensare di cambiare strategia o di investire in qualcosa di nuovo.
Con il risultato che il parco cercherà di sopravvivere, un po' come ha fatto in questi ultimi anni, presentando attrazioni e show "di fortuna", riuscendo ad avere (forse) qualche esigua soddisfazione, in termini di rendimento, dal F&M, mentre per il resto spingeranno su soluzioni orientate al breve periodo, dai costi contenuti e dai ritorni prevedibili e probabili (insomma, marketing spiccio)
Per questo non credo che il parco avrà mai successo.
Almeno non con le condizioni che ci sono oggi.
Giacomo