- mar ago 10, 2010 7:57 pm
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A Blackrock, quartiere di Dublino simbolo del boom economico irlandese, l'ultima notte d'agosto del 2004, all'uscita di un locale notturno un giovane viene preso a calci brutalmente da alcuni suoi coetanei, fino alla morte, dopo una serata trascorsa tra pinte di Guinness, avances alle ragazze e "cheers!" alla vittoria sul campo da rugby. La genesi e la dinamica dell'accaduto sono l'oggetto di questo noir. Conor Harris, i suoi killer (accusati di omicidio volontario), il giudice e il narratore, il cui legame con vittima e carnefici si svelerà solo alla fine, condividono l'infanzia, le scuole e gli ambienti cool di Dublino. Il corso imprevedibile delle loro vite lascerà le rispettive famiglie straziate e nude di fronte a un futuro che collassa e che trascinerà sul banco degli imputati anche l'ipocrisia dei valori tradizionali, l'upper-middle class, e le abitudini sociali e sessuali dei suoi migliori rampolli, mentre il bisogno catartico della verità si fa più solido e inconfondibile. Kevin Power ricostruisce, tra cronaca giudiziaria e indagine personale, presupposti, moventi e conseguenze di un omicidio che ha scosso l'Irlanda, e come solo la letteratura può fare, sottopone le coscienze a un esame improrogabile. Davvero un bel noir atipico... L'autore espone subito come stanno i fatti, chi è la vittima, chi sono gli assassini e dove è avvenuto il fatto. E durante lo svolgimento, spiega quali sono i fatti dal suo punto di vista, rivelando alla fine la sua identità.
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Che cosa unisce Jordan Marsalis, fratello del sindaco di New york ed ex tenente di polizia, e Maureen Martini, commmissario di polizia a Roma? Apparentemente nulla. Eppure, per strade e vicissitudini diverse, si troveranno uniti in un'indagine su un beffardo assassino che compone i corpi delle sue vittime come i personaggi dei Peanuts, dopo averle seviziate nei modi più efferati. La prima vittima è un pittore "maledetto", figlio del sindaco di New York e nipote di Jordan, cui fanno seguito altri due omicidi misteriosamente collegati fra loro. Un susseguirsi di colpi di scena sullo sfondo della metropoli più metropoli del mondo, dove tutto è accaduto e dove tutto può accadere, dove in realtà non c'è niente di vero. Tranne gli occhi... Difficile valutare se sia meglio o peggio di Io Uccido. Personalmente l'ho trovato meno pesante e prolisso, anche se è altrettanto vero che è un po' più banale a livello di trama e svolgimento.
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Un piccolo spacciatore ucciso per le strade di Oslo. Un ragazzo olandese fermato in stato confusionale e coperto di sangue: il sospetto ideale sul quale concentrare le indagini. La donna che l'ha trovato, Karen Borg, è un avvocato civilista, ma il ragazzo dichiara di voler parlare solo con lei e di volerla come difensore. Ma c'è un secondo omicidio, quello di un avvocato di dubbia moralità, e sembra non avere alcun legame con il primo. Sembra soltanto, però. Spetta all'ispettrice Hanne Wilhelmsen andare a fondo su entrambi i delitti, fino a intuire collegamenti impensati. Può essere davvero possibile che droga, avvocati, corruzione e perfino servizi segreti siano legati da un'unica rete? Una sorta di legal thriller di qualche anno fa (1993), edito in Italia per la prima volta nel 2010 da Einaudi. L'autrice Anne Holt è scrittrice e giornalista norvegese. Onestamente non mi ha coinvolto molto, anzi a tratti non vedevo l'ora di finirlo per archiviarlo...

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Ora ho iniziato "Nero A Manatthan" di Jeffrey Deaver (1988). Se non ho capito male è forse il primo romanzo di Deaver, qualcuno conferma?